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recensioni di Luca Barachetti – lucabarachetti@gmail.com

Archive for aprile 23rd, 2008

Sacco e fuoco – Teresa De Sio (C.o.r.e./Edel, 2007)

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Ascoltate e imparate come si fa un bel disco di musica popolare nell’anno 2007. Nessuno slogan, nessuna facile commistione di ritmi e suoni glocali di moda, nessuna snaturamento di tradizioni in nome di un culturalismo pataccaro. Teresa De Sio sa il fatto suo, è ovvio, ma Sacco e fuoco, ancor meglio del suo predecessore “A sud! A sud!”, ha una grande peculiarità che da sola spiega ogni cosa: pulsa verità dalla prima all’ultima nota. Verità che vuol dire culture vissute, studiate, immagazzinate; verità che significa undici canzoni una più bella dell’altra, infuocate come braci di rabbia e ribellione, figlie di una brigantessa dall’ugola ruvida e salace che canta al popolo – con la voce del popolo – tutta la sua indignazione per un mondo che non funziona.

A morte e zì Frungillo di Carlo D’Angiò è la chiamata alla rivolta con colpi di bastone e canto sciamanico della De Sio-sacerdotessa pagana della strada; Sacco e fuoco mischia meridioni musicali e canzone d’autore in un’amara storia di brigantaggio post-unità d’Italia; Non tengo paura inscrive dentro una pop-ballad tonda tonda con cornice etno-folk l’opposizione ad ogni moralismo ipocrita. Da lì in poi l’anima del disco, tre secchi manrovesci contro tutto ciò che non va: A figlia d”o rre, vibrante monologo di una donna che «si fosse’a figlia ‘e nisciuno / me ne futtesse pure d”o rre»; Amén, raggae tarantato con beffarda invocazione alla «Madonna d’a munnezza» contro le disgrazie di Napoli (che starebbe perfetto ad un Peppe Barra in trasferta a Kingston) e Ukellelle, crepuscolo africano con intervento vocale della maliana Esha Tizazy a sigillare la forza di uno sguardo che adocchia e illumina ogni sud del mondo come se fosse casa sua.

Sul finire il tradizionale Vulesse addeventare riscritto e ampliato per l’occasione e la rilettura di Tambureddu di Modugno sigillano la doppia anima – popolare e d’autore – di una delle poche vere signore della musica italiana. Ascoltatela aggirarsi dalle parti della Mannoia nel ripescaggio di Brigante di frontiera (da “Un libero cercare”, 1995): la scambiereste con l’agente di import-export italo-brasiliano che è diventata l’interprete romana di “Onda tropicale”? Noi per nulla al mondo. Qui scorre la vita di strada, la paura, il coraggio. Là solamente souvenirs per attici-bene romani che alla prima occasione, per fortuna, saremo tutti contenti di dimenticare.

Voto: 8.5
Brani migliori: A figlia d”o rre, Amén, Ukellelle.

Written by Luca

23/04/2008 at 21:47

Polvere – Polvere (Wallace Records/Minority Records/TownTone, 2007)

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Terza uscita in quattro anni per Polvere, alias Xabier Iriondo e Mattia Coletti. Questa volta si tratta di sei brani su 10” che riprendono il discorso dei due lavori precedenti (il primo soprattutto, targato 2004) in parte riaggiornandolo alla luce delle recenti trasferte giapponesi del duo, arrivato nella terra del sol levante un anno fa per una serie di esibizioni. Folk anticonvezionale, certo, ma dotato di un’anima che risponde alle proprie esigenze sperimentali con un’indole tutt’altro che autoreferenziale e, anzi, qui come non mai, dal buon taglio immaginifico. Traballanti crescendo di spessore sonoro e intensità emotiva, bordoni rumorosi, registrazione di musiche tradizionali nipponiche, ipnosi di corde sovrapposte e fruscii elettronici, sono la materia di un progetto che brilla per curiosità e indole libertaria, non tralasciando ogni tanto quadretti dalla forte gradazione cinematica che “aiutano” all’approccio i più profani, assecondati pure dalla durata antidispersiva del dischetto (venti minuti). Produce il tutto la solita benemerita Wallace, cooperando con Minority Records (Repubblica Ceca) e TownTone (Giappone).

Voto: 8.2

Written by Luca

23/04/2008 at 11:17

Tutti amano tutti – Atleticodefina (Venus, 2007)

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Metafora calcistica quasi d’obbligo per l’Atleticodefina di Pasquale De Fina. Ovvero: squadra che vince (il buon esordio di due anni fa) non si cambia ma, anzi, si rafforza, con l’innesto al basso di Saturino Celani a fare compagnia a Giorgio Prette (Afterhours) e ad un manipolo di ospiti (Pepe Ragonese, Mauro Pagani, Cesare Basile, Giuliano Dettori) che rinnovano quanto basta la tavolozza dei colori in gioco. Il songwriting, invece, rimane sempre quello: non sconvolgente ma sempre all’altezza delle aspettative, debitore dei primi Afterhours “italiani” (quelli di “Hai paura dei buio?”, per intenderci) ma capace di distaccarsi grazie ad una maggiore rotondità di scrittura, quasi cantautorale. De Fina sa che pesci pigliare quando si tratta di scrivere un buon pezzo di pop-rock intelligente, e per Tutti amano tutti pesca in una laguna di funky, jazz e folk che ci dà buone soddisfazioni. Chitarrina funky e ritornello spazioso nel duetto con Syria di Sono io; pianoforte, fiati e voce increspata per il jazzato emozionale di Venere; dobro, tromba e acustica nella folkeggiante E’ stato come; groove e pompa di fiati per la geometrica Musica e macerie.
Le rimanenti cinque poi sanno sempre come aggiustarsi il tiro, in linea col precedente omonimo esordio e ben lontane da quel “Viva vittoria” di marca Volwo che dilatava e complicava senza però smarrirsi. Sembra di capire che quei tempi non torneranno più. Quelli attuali però non lasciano mancare niente.

Voto: 7.4
Brani migliori: Sono io, Venere.

Written by Luca

23/04/2008 at 08:12