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recensioni di Luca Barachetti – lucabarachetti@gmail.com

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Uochi Toki – Libro Audio (La Tempesta Dischi/Venus, 2009)

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“Le tracce sono ordinate seguendo una sequenza precisa, un percorso dal reale all’immaginario, tratteggiato attraverso la descrizione di personaggi e del loro rapporto con i contesti. Nella prima parte del disco, ovvero dalla traccia 1 alla traccia 6, i personaggi non sono altri se non Matteo Palma (Napo), autore e interprete dei testi, e i suoi amici o in alcuni casi i parenti […] Dalla traccia numero 7 alla numero 12, invece, abbiamo personaggi immaginari che, mantenendo sempre l’ordine crescente, si distaccano man mano dalla verosimiglianza e vengono lasciati sempre più liberi di agire indisturbati. Il trucco che si gioca dietro alle figure descritte in questa seconda parte del disco, è quello di inserire personaggi irreali (che hanno possibilità superiori o diverse rispetto ad una persona reale) in contesti assolutamente reali, così da riprodurre l’effetto visionario di chi possiede una immaginazione molto sviluppata e se la vede esplodere addosso nei momenti di tensione reale”. Stralci di cartella stampa per descrivere al meglio il sesto lavoro di Napo e Rico alias Uochi Toki, che fanno dell’hip-hop quello che un macellaio fa quotidianamente alla carne bovina per ottenere un hamburger: triturare e ricompattare. Ma il lavoro destrutturante-ristrutturante del duo partorisce qui le sue polpette più difficili da digerire, seguendo una tendenza alla narrazione che si è fatta via via più determinante dopo essere partita – quasi all’opposto – dalla frammentarietà-haiku dei primi dischi. E a farne le spese è la possibilità di fruzione, che nelle dodici tracce-racconti di Libro Audio non sempre gira al massimo. Certo, l’effetto sorpresa delle liriche di Napo, con le sue sollecitazioni da Savonarola cinico che con il filtro della ragione ribalta la realtà smascherandone le ipocrisie nei rapporti sociali e nel linguaggio, viene sempre meno – anche se di zampate ce ne sono ancora parecchie: ascoltate Il cinico e L’osservatore. E così le telluriche basi di Rico viaggiano sugli stessi binari dagli esordi, pur essendo sempre più raffinatamente grezze nel loro riprendere e brutalizzare frammenti doom, embrioni synth pop che diventano cluster per le orecchie e scaglie techno sottoposte a rallentamenti e delay (Il claustrofilo, apice del disco). Ma il nodo della questione è un altro, e sta nell’obiettivo che gli Uochi oggi hanno, suggerito da una nota a margine della cartella stampa che torniamo a citare: “Diamo per assodato che il rap sia un genere letterario del presente”. Dando per assodato questo e confermate le doti del duo, serve la costanza qualitativa dei grandi scrittori di durare per un’intera silloge di racconti. Arriverà? Intanto complimenti per l’ambizione.

Voto: 6.6
Brani migliori: Il cinico, Il claustrofilo.

Written by Luca

14/10/2009 at 12:16

La chiave del 20 – Uochi Toki & Eterea PostBong Band (Wallace, 2007)

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Nel gioco “Uochi Toki fanno rap, meta-rap o cos’altro” passiamo subito la mano. Napo dice cose, rimando geniale con abusi feticisti di metafore e osservazioni acute. Rico cola basi, minando il campo di piccole cluster rumorose e indocili. Vi basti questo come descrizione essenziale di cosa fanno i due alessandrini, giunti a casa Wallace per il loro quarto disco e questa volta in compagnia degli Eterea PostBong Band.
I primi tre lavori, usciti molto underground dal 2003 ad oggi (Vocapatch, Uochi Toki, Laze Biose) staccano di almeno un punto questo La chiave del 20, concept urticante su un sabato sera di Napo Rico e compagnia in una discoteca alla moda di una qualsivoglia provincia italiana (la chiave del titolo usata come pass, ovviamente). Il distacco però non evita ai due savonarola urbani di esibire il loro biglietto da visita cosparso di calce viva, ed il lavoro da entomologo di Napo trova pane per il suoi denti nel bestiario tendenziale di chi si brucia e fotte, ma con style. Rico, dal canto suo, imbastisce basi più compatte di un tempo, a volte sfiora la normalità ma si libera maggiormente nel finale coi bordoni scuri e industriali di Babek e l’epilessia da videogame di La colazione e i campioni.

«Quando c’è da fare il pirla in giro io mi metto in tiro»: Rotta per causa di Egon cita nel titolo un passato da cui nessuno ha più avuto scampo mentre la situazione cresce, in realismo e disadattamento, fino al culmine di In da club: «la pista è piena di ragazze che si notano come delle svastiche», «vado in bagno perché l’odore di merda mi ricorda che qui la gente è umana». L’humus logorroico da cui Napo pesca immagini, improperi, luoghi comuni e metafore spicca nella sua massima potenza espressiva: «venti euro, bella raga kebap per tutti!».
Gli perdoniamo i siparietti con vocine e situazioni casalinghe post-adolescenziali che pure Elio e compagnia si sono stancati di fare, anche perché ad inframmezzare alla grande ci pensano gli onnivori e bulimici Eterea, che impastano strumentali marmorei di rock, funky, dance e quant’altro (Scle-dance), simil-sirtaki plasticati e sardonici (Salsa bianca) e tessiture cinematiche con dovuti omaggi alle badalamentiane «musicazze» di Twin Peaks (Scle-trance). Tutto molto bello e benfatto, ci piacerebbe ritrovarli così vigorosi e dinamici in una prossima uscita autonoma. Per quanto riguarda gli Uochi: bravi ma più bravi un tempo. Certo che anche noi, però, siamo un po’ dei rompipalle.

Voto: 6.8
Brani migliori: In da club.  

Written by Luca

09/05/2008 at 16:36